Design

Prof. Giuseppe Lotti: Il Design, la cultura e la cooperazione internazionale

Glocal Impact Network

Design interculturale, approcci e metodi progettuali orizzontali e collaborativi

Con Giuseppe Lotti, Presidente del Corso di Laurea Triennale in Disegno Industriale dell’Università di Firenze, abbiamo colto l’occasione per farci raccontare il ruolo che il Design come disciplina può ricoprire in ottica di integrazione e sviluppo sociale.
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In che modo la disciplina del Design può contribuire alle sfide sociali?

La disciplina del Design, intesa come progetto degli oggetti che accompagnano la nostra vita, ha da sempre sviluppato ambizioni di intervento nel sociale. Oggi, a fianco di un necessario rafforzamento dell’impegno verso tale tematica, è il concetto stesso di sostenibilità che si carica di nuove valenze di natura sociale e culturale e in un tale contesto, se una fra le principali sfide della contemporaneità è rappresentata dal confronto tra genti e persone di diversa provenienza e la società interculturale appare la più corretta soluzione, il design può svolgere una funzione di spinta verso tale modello.
Il Design Interculturale vede il confine tra una cultura e l’altra come una zona di scambio: in una società interculturale si cerca di incoraggiare la socializzazione tra i cittadini di diversa provenienza culturale. Non è quindi solo il naturale mescolarsi tra culture come fenomeno storico e assolutamente inarrestabile, ma il desiderio di contribuire attraverso il design degli oggetti che ci circondano al modello interculturale, come scelta di campo socialmente e politicamente consapevole.

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Perché il nome Impact Design? Qual è il valore aggiunto della collaborazione tra GIN e LDS?

La collaborazione tra il Laboratorio di Design per la Sostenibilità dell’Università di Firenze e Glocal Impact Network è una contaminazione importante. La grande tematica di riferimento è quella della cooperazione internazionale, un tema complesso e la complessità ha bisogno di essere affrontata attraverso competenze diverse e complementari. Da una parte Glocal Impact Network è in grado di garantire una dimensione applicativa concreta di ricaduta immediata sul territorio, dell’altra il contributo dell’Università riguarda la dimensione scientifica e l’approccio disciplinare. Senza questa complementarità è difficile, o almeno è più difficile, avere delle ricadute concrete, per questo motivo penso che sia un’iniziativa davvero importante, proprio nell’ottica della possibilità di intervenire sui territori di riferimento generando un impatto positivo.

Avete già avuto esperienze progettuali in contesti altri?

Il dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze ha avuto diverse esperienze in questa direzione, in particolare il dipartimento di Design ha lavorato molto sul contesto del Mediterraneo, abbiamo avuto esperienze in Marocco, Tunisia, Algeria, abbiamo operato anche in Palestina.
Il modo di lavorare è abbastanza particolare, cioè ci si muove sempre dall’idea di una dimensione paritetica del contributo, quindi una cooperazione che è in grado di portare sui territori ma anche di ricevere dai territori quindi uno scambio dialettico e assolutamente biunivoco non monodirezionale questo credo sia uno degli elementi di forza.
L’altro elemento di forza è avere delle ricadute, per noi i progetti funzionano quando portano sostenibilità, portano integrazione e portano ad esempio posti di lavoro. Quando abbiamo lavorato in Magreb un riferimento molto forte in genere sono state le associazioni di donne che sono davvero importanti nei contesti di riferimento. Dunque, un’esperienza lunga e verificata in tanti progetti, adesso siamo pronti per affrontare sfide diverse.

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